La pandemia e gli effetti psicologici

Il coronavirus è uno degli eventi più traumatici con cui la popolazione mondiale si è confrontata negli ultimi anni, sia a livello individuale che collettivo. Diverse ricerche hanno dimostrato un profondo impatto di questi eventi traumatici sulla salute mentale delle persone. Infatti, a far paura non è solo l’emergenza medica, ma anche quella psicologica. La paura del contagio, la malattia e l’ospedalizzazione, i lutti, la preoccupazione per i propri cari, l’isolamento, i problemi economici, l’incertezza per il futuro sono tutti fattori che possono generare stress ed avere un forte impatto psicologico. La pandemia, infatti, sta causando un incremento dei disturbi d’ansia e dei sintomi depressivi. Un articolo recente pubblicato su The Lancet (Brooks et al., 2020) ha analizzato diverse ricerche che trattavano gli effetti psicologici della quarantena in precedenti epidemie. La maggior parte degli studi esaminati ha riportato effetti psicologici negativi tra cui sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia. I fattori stressanti includevano una durata più lunga della quarantena, paura dell’infezione, frustrazione, noia, forniture inadeguate di DPI, informazioni inadeguate e perdite economiche.

Ad essere maggiormente colpiti sono coloro che hanno vissuto la malattia, come le famiglie delle vittime e i pazienti, gli operatori sanitari che l’hanno combattuta in prima linea. Tuttavia, tale situazione d’emergenza rischia di compromettere la salute mentale anche di coloro che indirettamente stanno subendo gli effetti di un anno di pandemia. A tale riguardo, la Società Italiana di Psichiatria (Sip) ha effettuato una revisione sistematica degli studi pubblicati sul tema Covid e salute mentale, mettendo in luce che 1 individuo su 3 potrebbe manifestare sintomi cronici o persistenti, sviluppando il Disturbo da Stress Post Traumatico. Il PTSD (DSM-5; APA, 2013) è un disturbo che le persone possono sviluppare in seguito ad esposizione ad uno o più eventi traumatici. Tale disturbo è caratterizzato da diversi sintomi, tra cui sintomi intrusivi, comportamenti di evitamento, alterazione negativa di pensieri ed emozioni, alterazioni del comportamento. Il PTSD non si realizza immediatamente, i sintomi possono insorgere nei primi tre mesi dopo il trauma, sebbene possano esservi anche un ritardo di mesi prima che siano soddisfatti i criteri per una diagnosi. La maggior parte degli studi presi in esame indica che i sopravvissuti al contagio hanno una maggiore probabilità di disturbi a lungo termine, seguiti dalle famiglie delle vittime e dagli operatori sanitari. Il 96% dei sopravvissuti al virus sperimenta infatti i sintomi della Sindrome Post Traumatica da Stress. Tuttavia, anche gli operatori sanitari sono risultati tra le fasce più a rischio: da una metanalisi sulla letteratura scientifica condotta da dicembre 2019 a giugno 2020, che includeva 44 studi su un totale di 69.499 lavoratori, è emersa un’incidenza del PTSD che varia dal 7,4% al 37,4%.

Sebbene la situazione pandemica possa minare il benessere psicologico di ciascuno, non bisogna fare l’errore di pensare che tutti svilupperemo un disturbo psichico. Gli effetti dipendono anche dalla capacità del soggetto di adattarsi e affrontare le avversità. Infatti, ognuno reagisce in modi diversi al trauma e ha risorse personali, affettive e sociali su cui fare affidamento. Ciononostante, può succedere che pur mettendo in campo le risorse a nostra disposizione, non si riesca a superare le difficoltà da soli, in tal caso è opportuno chiedere aiuto ad un professionista che supporterà l’elaborazione dell’esperienza traumatica da Covid19.


dott.ssa Valentina Cioffi
cioffivalentina93@gmail.com